Calcestruzzo Armato
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Premescolatore: chi dice che è necessario per avere un calcestruzzo di qualità?

I benefici sono attestati praticamente da tutti i maggiori studiosi e consulenti del settore tecnologico a cui il mondo produttivo fa costante riferimento per la ricerca e lo sviluppo. Quello stesso mondo produttivo che poi per la quasi totalità non usa il mescolatore.

Non è facile dire cose nuove in merito all’impiego del mescolatore nel settore del calcestruzzo preconfezionato in Italia, dove la situazione è sostanzialmente immutata da anni.

Paolo Bruschi[1] su Costruzioni di Febbraio 2009, si chiedeva “Perché in Italia l’85% del calcestruzzo è ancora prodotto con sistema dry e miscelazione in autobetoniera? Abbiamo formulato un’ipotesi: probabilmente il premescolatore è vittima di una guerra. Quella sul prezzo del calcestruzzo”.
Che questo sia vero o meno, di fatto abbiamo notevoli esempi di produttori medio piccoli che hanno rifiutato di fare del mescolatore una vittima della guerra sul prezzo (ma purtroppo non sono la maggioranza), e sul fronte opposto esempi di produttori di grandi dimensioni arroccati su posizioni conservatrici ovvero di mantenimento dello status quo impiantistico. Del resto la valutazione economica dell’impatto del mescolatore sul prezzo del calcestruzzo non è attendibile se fatta tenendo conto esclusivamente del costo dell’investimento. La valutazione deve ovviamente tenere conto anche dei relativi benefici. A parte lo studio effettuato dall’Istituto Italiano per il Calcestruzzo con il patrocinio di Ucomesa [2], tali benefici sono attestati praticamente da tutti i maggiori studiosi e consulenti del settore tecnologico a cui il mondo produttivo fa costante riferimento per la ricerca e lo sviluppo. Quello stesso mondo produttivo che poi per la quasi totalità non usa il mescolatore.

Ad esempio Piero Giovanni Zanco[3] su Enco Journal 56/2012 dice: “Esiste un vecchio ed errato convincimento che il mescolatore rappresenti un costo e che pertanto debba essere il mercato a richiederlo ed a pagarlo. Nulla di più sbagliato! Come ampiamente dimostrato dalla generale esperienza degli altri paesi, dove il mescolatore trova estesa applicazione senza che alcuna norma lo imponga. L’ovvio auspicio è che anche da noi si comprenda che esso rappresenta una grossa opportunità di qualificazione, di immagine e, principalmente, di economia che non ha senso perdere. Un mescolatore valido si paga da sé attraverso il saldo largamente positivo che genera tra i costi che ne sono connessi”.

Il prof. Luigi Coppola [4]: “Costo di acquisto e costo di manutenzione non sono parametri sufficienti se non rapportati all’economia attesa in relazione alla valutazione del decremento previsto dello scarto quadratico medio.” La diminuzione dello scarto quadratico non è solo una curiosità statistica ma ha un ritorno economico non solo per ciò che comporta in termini di produzione “a Rck” ma anche, indirettamente, per l’impatto che ha sulla riduzione delle non conformità.

Ma chi dice che l’utilizzo del mescolatore fa diminuire lo scarto quadratico? Sicuramente, chi produce i mescolatori, ma non solo.
Gianni Bebi[5]:“Pur ammessi i progressi degli ultimi anni finalizzati alla ricerca dei migliori metodi di miscelazione, con il miscelatore, o premiscelatore, si ottengono produzioni decisamente più omogenee, quindi con scarti quadratici medi inferiori.”
Il termine di confronto è ovviamente la produzione mediante carico diretto in autobetoniera (o “dry”) che lo stesso Gianni Bebi menziona direttamente: “Purtroppo in Italia i mescolatori sono molto diffusi negli stabilimenti per la produzione di elementi prefabbricati, mentre nell’industria del preconfezionato la loro diffusione è minore: la quasi totalità degli impianti di betonaggio utilizza l’autobetoniera come miscelatore. Questa, in realtà, era stata concepita a suo tempo con il compito di mantenere in movimento il calcestruzzo già miscelato, quindi quale ‘agitatore’; in seguito è stata ‘promossa’ a miscelatore.” [n.d.a: da notare le virgolette sulla parola promossa].

Sulla medesima linea sono disponibili altri autorevoli contributi. Per esempio il Prof.Mario Collepardi[6]: “Autobetoniera: […] in genere gli ingredienti sono introdotti a secco direttamente in autobetoniera dove sono miscelati ad alta velocità. La costanza e le prestazioni del calcestruzzo sono molto migliori se gli ingredienti sono introdotti a umido dopo averli mescolati ad alta velocità in un premescolatore”. Continua Collepardi: “Premescolatore: il premescolatore ha la funzione di mescolare a umido gli ingredienti prima che siano introdotti in autobetoniera con l’obiettivo di ottenere un impasto ben amalgamato, più uniforme, privo di segregazione e di bleeding ancorché fluido come l’SCC, e più prestazionale rispetto al corrispondente calcestruzzo fresco mescolato introducendo a secco gli ingredienti direttamente in autobetoniera. La superiorità di un calcestruzzo preconfezionato dotato di premescolatore presenta due vantaggi: - minore dispersione nella lavorabilità da una miscela all’altra nominalmente della stessa composizione; - maggiore resistenza meccanica a compressione sia alle brevi che alle lunghe stagionature, con possibilità di ammortizzare il costo di investimento del premescolatore con un dosaggio di cemento leggermente minore (10%) per raggiungere la stessa prestazione conseguita mescolando il calcestruzzo direttamente nell’autobetoniera.”
Come si può notare, Collepardi estende la trattazione anche ad altri fenomeni molto importanti del calcestruzzo fresco (segregazione, bleeding), ciascuno dei quali ha un impatto economico, e tocca un punto importante quanto dibattuto, ovvero la resistenza meccanica a compressione, sulla quale è disponibile l’ampio studio dell’Istituto Italiano per il Calcestruzzo [2].

Lo stesso Coppola [4] si esprime su questo punto come segue: “La funzione del mescolatore è quella di rendere la miscela più omogenea possibile ovvero di ottimizzare la distribuzione della pasta cementizia all’interno della miscela. A parità di dosaggio di cemento, quanto più la pasta cementizia è omogeneamente distribuita sull’intera superficie dei granuli di aggregato che compongono la miscela, tanto maggiori saranno le resistenze medie alla compressione e tanto minore sarà lo scarto quadratico medio dei risultati. L’effetto combinato corrisponde così ad un aumento, anche apprezzabile, delle resistenze caratteristiche ovvero, a parità di resistenza, ad una minore richiesta di cemento […].”

Al fine di evitare qualsiasi fraintendimento, non si vuole qui affermare che i contributi citati dimostrano che l’acquisto di un mescolatore di per sé permette di ottenere i risultati riportati, ma di certo essi effettuano un confronto chiaro tra i due metodi produttivi (con e senza mescolatore) ed esprimono nette valutazioni, importanti anche perché provengono dal mondo scientifico e come tali al di sopra delle parti.
Per esempio, abbiamo molte conferme “dal campo” in merito al fatto che con il mescolatore si può ottenere un miglioramento della lavorabilità, e questo è confermato da un articolo di Antonio Borsoi, Silvia Collepardi, Emanuela N. Croce e Giuseppe Sforza[7]; in questo lavoro, per quanto limitato ad una specifica indagine sperimentale, “sono stati confezionati calcestruzzi […] in una tradizionale autobetoniera e in un mescolatore che funziona sul principio della controcorrente. Quelli prodotti con questo mescolatore presentano significativi vantaggi rispetto al calcestruzzo miscelato in autobetoniera: - maggiore lavorabilità (da consistenza plastica S2 a consistenza fluida S4) quando il confronto è fatto a parità di composizione; - maggiori prestazioni in termini di resistenza meccanica e di impermeabilità, oltre che di risparmio nel dosaggio di cemento, quando il confronto è fatto a parità di consistenza (slump di 80 mm).”
Tutti i miglioramenti prestazionali del calcestruzzo, menzionati dagli autori, dovrebbero avere un’immediata lettura in termini di riduzione dei costi: si parla infatti di scarto quadratico; bleeding; segregazione; resistenza meccanica; dosaggio di cemento; classe di consistenza; omogeneità delle forniture.

Di fondamentale importanza è anche l’incremento prestazionale in termini di permeabilità, evidenziato da S. Cocco e V. Campioni [2] e quindi di potenziale durabilità delle opere. Inoltre il lavoro in questione si contrappone con motivazioni solide (migliore distribuzione della pasta cementizia e dispersione dell’antischiuma presente nell’additivo) anche alla tesi secondo la quale il contenuto d’aria aumenterebbe a causa della mescolazione. Di fatto in [2] il contenuto d’aria risulta inferiore con il mescolatore.
Se nelle produzioni standard si hanno benefici, esistono produzioni con particolari requisiti che rendono il mescolatore una condizione sine qua non, secondo [8]: “Per ottenere un’ottima miscelazione del calcestruzzo occorre prevedere un miscelatore da installare tra la tramoggia di carico e l’autobetoniera; tale attrezzatura si rende indispensabile quando si vogliono produrre calcestruzzi di alta qualità.”
“[…] si può affermare che l’utilizzo del mescolatore è pratica permanente in tutti gli impianti dei Paesi Scandinavi, Inghilterra, Olanda, Germania e Svizzera, ed anche Grecia, Turchia, Marocco e Portogallo e nella quasi totalità degli impianti in Spagna, Francia e Belgio. Che la sua presenza sia il risultato di riscontri economici e non solo di disposizioni normative è attestato dal fatto che, quasi ovunque, all’estero gli impianti non presentano sistemi di bypass del mescolatore, sistema frequentemente presente negli impianti nostrani. In effetti, la vendita a dosaggio, il ritardo prima e la poca convinzione in seguito alla introduzione ed applicazione di norme relative al calcestruzzo a resistenza, hanno sempre costituito un ostacolo alla introduzione del mescolatore sui moderni impianti nella pratica italiana”.
“Una buona centrale di calcestruzzo preconfezionato dovrebbe essere dotata di miscelatore fisso nell’impianto; […] ove esso esiste è chiamato ‘premiscelatore’, erroneamente perché va considerato il vero miscelatore. Un calcestruzzo di alta qualità acquistato in centrale dovrà essere preparato con ‘premiscelatore’ e la funzione dell’autobetoniera in tal caso si limiterà a quella di un rimescolatore, oltre a quella del trasporto.”

A fronte di queste posizioni del mondo tecnologico ed accademico, persistono negli utilizzatori lacune e fraintendimenti sulla tecnologia del mescolatore.
Ad esempio, si sente tuttora dire che il mescolatore rallenta la produzione. Invece, se l’impianto è adeguato al mescolatore, in termini di corretto dimensionamento dei sistemi di dosaggio e di carico dei materiali, non si ha alcuna riduzione della produttività, che viene limitata esclusivamente dalla ricettività dell’autobetoniera.
Si sente dire che non è il momento adatto per gli investimenti a causa della crisi. Poi però si sente anche dire che l’unico modo per uscire dalla crisi è puntare sulla qualità. Perché allora non prendere in seria considerazione quegli investimenti che portano ad una riduzione dei costi e ad un miglioramento della qualità? Perché la crisi non dovrebbe essere il momento giusto per una razionalizzazione e modernizzazione impiantistica?
In maniera analoga, si afferma che la riduzione del cemento non sarebbe un vantaggio così importante data la presenza di calcestruzzi con dosaggi minimi di cemento, senza considerare che moltissimi prodotti di fatto hanno dosaggi di cemento comunque superiori ai dosaggi minimi, in particolare per le prestazioni elevate.

Si continua a sostenere che la mescolazione di fibre ed additivi a bassissimo dosaggio caricati direttamente in autobetoniera si possa effettuare in modo ottimale. Tempo fa, parlando con una figura di spicco del mondo degli additivi, chiedevo come si potesse garantire, senza mescolatore, la distribuzione ottimale di 5 kg di additivo in 10 metri cubi di calcestruzzo, tenendo conto che la scheda tecnica ne richiedeva l’immissione dopo l’acqua. Mi fu risposto: “Si riesce lo stesso, basta metterne un po’ di più ! (di additivo)”. Ma i dosaggi a metro cubo indicati sulla scheda tecnica del prodotto non tenevano conto di come il calcestruzzo venisse mescolato! In mancanza del mescolatore, l’omogeneizzazione dell’additivo si affida alla non molto chiara “rimiscelazione in autobetoniera” prevista dalla norma EN 206-1, che dovrebbe essere pari ad '1 minuto per metro cubo e non minore di 5 minuti a partire dall’aggiunta dell’additivo', però non si capisce come e dove debba avvenire e come debba essere controllata. Una parte critica del processo diviene pertanto difficile (se non impossibile) da controllare e sfugge alla logica del Sistema Factory Production Control.

Resistenze al cambiamento, disinformazione, situazioni di ambiguità “all’italiana” ostacolano pertanto la diffusione della tecnologia del mescolatore. La quale, viceversa, dovrebbe essere favorita ed incentivata anche a livello politico ed istituzionale grazie ai suoi potenziali benefici sociali. Ne trae infatti vantaggio il trinomio qualità-sicurezza-ambiente:
Qualità: come sopra ampiamente dibattuto.
Sicurezza: qualità del calcestruzzo significa affidabilità e durabilità delle opere.
Ambiente: riduzione del cemento e dei consumi di gasolio dell’autobetoniera significa riduzione delle emissioni di CO2, gas inquinanti, particolati.

Per questi motivi, l’argomento è stato portato all’attenzione dell’Osservatorio sul Calcestruzzo da parte delle associazioni dei produttori di macchinari per il settore delle costruzioni (Ucomesa e Unacea) al fine di individuare forme di incentivazione per una tecnologia che ha un’utilità sociale.
Bene, la questione è all’esame da un anno e non si intravede la possibilità di risultati a breve termine. Gli stessi argomenti (qualità, sicurezza, ambiente) potrebbero essere utili anche per i produttori di calcestruzzo come leve di marketing, in quanto motivo di promozione dell’immagine del calcestruzzo. L’idea potrebbe essere quella di proporre un calcestruzzo migliore in virtù della tecnologia produttiva, al fine di guadagnare o (ri-guadagnare) quote di mercato, cosa non certo inopportuna nella contingente fase di crisi del settore.

Riferimenti bibliografici
[1] Paolo Bruschi, Costruzioni febbraio 2009, “Tecnologie e Calcestruzzo”
[2] Istituto Italiano per il Calcestruzzo, “Studio sulle differenze qualitative tra il calcestruzzo preconfezionato prodotto mediante premiscelatore (wet) e mediante carico diretto in autobetoniera (dry)”
[3] Piero Giovanni Zanco, Enco Journal 56/2012, “FATTI, NON PROCLAMI: TRE DIREZIONI LUNGO CUI PROCEDERE”
[4] Luigi Coppola, Manuale del Calcestruzzo di Qualità, cap. 11
[5] Gianni Bebi, Calcestruzzo in Pratica, Cap. 7
[6] Mario Collepardi, Dizionario Enciclopedico del Calcestruzzo
[7] Antonio Borsoi, Silvia Collepardi, Emanuela N. Croce, Giuseppe Sforza, Enco Journal,
[8] Massimiliano Bringiotti, Calcestruzzo Impianti e Tecnologie
 

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