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Pavimentazioni in calcestruzzo: il progetto spetta a professionisti qualificati

Intervista all'ing. Giovanni Saba (I.T.S. Srl) su alcune delle tematiche importanti riguardanti il settore dei pavimenti industriali.

Intervista all'ing. Giovanni Saba di I.T.S. Srl, impresa specializzata nella realizzazione di pavimentazioni in calcestruzzo, su alcune delle tematiche importanti riguardanti il settore dei pavimenti industriali.


Pavimentazioni industriali: la verifica agli SLU e SLE non basta

Il parere rilasciato dal CONSUP sul riconoscimento dei pavimenti industriali come strutture ha portato chiarezza nel settore. 

A suo parere, il principio che se una pavimentazione industriale deve fare da basamento a una scaffalatura di medie, o grandi, dimensioni, debba essere progettata da un professionista qualificato è giusta?

 

Giovanni Saba

La pavimentazione industriale deve essere progettata necessariamente da un professionista qualificato il quale deve garantire che siano verificate, sulla base delle condizioni a contorno (i carichi statici o sismici della scaffalatura o carichi di macchinari o muletti, caratteristiche meccaniche del sottofondo ed eventuali cedimenti previsti dello stesso, destinazione d'uso, ecc...), le prestazioni richieste.

Per fortuna le normative cogenti e vigenti, così come le Linee guida per la progettazione, l'esecuzione ed il controllo delle pavimentazioni in calcestruzzo, aiutano i progettisti nello svolgere l'arduo compito di progettare tale elemento costruttivo alle prestazioni meccaniche necessarie.

Progettare una pavimentazione in calcestruzzo alle prestazioni meccaniche (SLU o SLV) e di durabilità (SLE), secondo mio modesto parere, non è sufficiente.

Il progettista deve prescrivere, in fase progettuale, oltre le prestazioni dei materiali da costruzione, cioè del calcestruzzo e del tipo di armatura da utilizzare (rete elettrosaldata, fibre strutturali e quindi calcestruzzo FRC), anche le prestazioni dello strato di usura superficiale (spolveri quarzo/cemento) e  trattamento superficiale necessari per garantire di durabilità del pavimento. 

Della fase progettuale fa parte anche la redazione dei disegni costruttivi, con prescrizioni e particolari (giunti di costruzione, giunti di dilatazione, giunti di isolamento, giunti di contrazione, barriera al vapore, strato di scorrimento, ecc...) necessari per la corretta realizzazione della pavimentazione, per garantire che le prestazioni richieste.

Quindi chi progetta la pavimentazione in calcestruzzo, deve essere necessariamente un professionista qualificato che conosce la materia in maniera adeguata.   

Ricordiamoci però questo: tutte le pavimentazioni e le massicciate devono essere progettate alle prestazioni richieste, ma il deposito del progetto, secondo me, è subordinato a quello delle strutture che vengono posizionate sopra, cioè, se non viene depositato il progetto delle scaffalature, o di altre strutture in elevazione, di cui la pavimentazione in calcestruzzo e la massicciata sono gli elementi costruttivi su cui poggiano, perché devo depositare il progetto del sistema pavimento/sottofondo?

 

Calcestruzzo per pavimentazioni industriali

Le caratteristiche di un pavimento industriale dipendono ovviamente molto anche dalla qualità dei calcestruzzi adottati.

Ritiene che i fornitori di calcestruzzo siano oggi in grado di supportare in modo esaustivo, da un punto di vista tecnico e di prodotti, le esigenze per la realizzazione di un pavimento industriale idoneo?

 

Giovanni Saba

Purtroppo... NO.
Nascondendosi dietro alle certificazioni in possesso, al FPC, alle loro ricette segrete dei mix design, ai loro obblighi commerciali con i fornitori di cemento, additivi, ecc... non permettono facilmente, ai tecnici o alle aziende specializzate del settore, di collaborare nella predisposizione di un calcestruzzo più idoneo alle esigenze del singolo cantiere, così da ottenere un prodotto tecnicamente valido per la realizzazione a regola d'arte del pavimento, comunque senza allontanarsi troppo dalla tipologia di materiale che già producono.

Poi che dire dell'impossibilità di controllo delle materie prime utilizzate, ogni volta che si cerca di capire, anche con propri campionamenti, la veridicità di quanto scritto sulle certificazioni dei materiali, si suscita non poche volte la contrarietà dei vari fornitori.

 

Quali sono i problemi più frequenti che riscontrate nelle forniture di calcestruzzo?

Giovanni Saba

É molto difficile trovare fornitori di calcestruzzo che ti possano garantire la costanza della fornitura, sia per quantità che per omogeneità del materiale durante la fase di esecuzione del pavimento. Spesso succede anche che non vengono comunicati eventuali cambiamenti sulle materie prime, come cemento, aggregati, additivi.

É molto difficile anche trovare fornitori di calcestruzzo con tecnici veramente preparati e che conoscono a fondo il materiale che viene prodotto, con cui discutere di eventuali problematiche rilevate durante la fase di qualificazione (se viene permessa dal calcestruzzaio...) o durante la fase di fornitura e di eventuali immediati cambiamenti sul mix design da apportare (sempre se il calcestruzzaio lo permette) per l'ottenimento del calcestruzzo più idoneo ai requisiti richiesti.

 

Che tipo di rapporto andrebbe costruito tra produttore di calcestruzzo e impresa di pavimentazione per poter fare un salto di qualità nel settore? 

Giovanni Saba

Di maggior trasparenza e rispetto nei confronti dell'azienda specializzata della pavimentazione che, dovendo realizzare un'opera molto sensibile anche alla qualità, non solo prestazionale, del calcestruzzo specifico per pavimenti industriali, ha necessità di controllare ogni aspetto del prodotto, dalla natura alla granulometria degli inerti, al loro dosaggio, alla tipologia di cemento, al tipo di additivi, al tipo di processo produttivo in impianto, alla natura dell'acqua d'impasto, agli additivi stagionali, ecc.
Ovviamente tutto ciò deve essere visto come un'operazione di collaborazione che permetta di produrre un calcestruzzo preconfezionato che abbia i giusti requisiti che salvaguardi sia la ditta di pavimentazione e sia il fornitore del materiale.

 

Calcestruzzo per piazzali esterni: scuole di pensiero differenti

Per le pavimentazioni in calcestruzzo realizzate in zone che poi risentono dei problemi di cicli gelo/disgelo viene previsto l’uso di prodotti aeranti. 

Non sempre però si tiene conto del fatto che durante l’inverno su queste pavimentazioni viene spesso sparso del sale disgelante a base di cloruri (sodio, calcio,…) e questo porta a fenomeni di rapido degrado della piastra. 

Cosa si dovrebbe fare per evitare questo problema?

Giovanni Saba

Che dire, le scuole di pensiero sono tante.

  1. Il calcestruzzo aerato, che risponde ai requisiti di prestazione all'aggressione ambientale gelo-disgelo secondo normativa, sicuramente è utile per aumentare la vita utile della pavimentazione, di contro si hanno problemi nell'applicazione dello spolvero premiscelato quarzo/cemento il quale viene espulso, determinando il fenomeno della delaminazione dello strato di usura a causa della presenze dell'additivo aerante. Però tale fenomeno può palesarsi anche se non viene applicato lo spolvero, perché la lavorazione di fratazzatura meccanica della superficie, effettuata con le fratazzatrici meccaniche a pale rotanti (in gergo "elicotteri") se chiude troppo la superficie "lisciando" la sola boiacca di cemento superficiale del calcestruzzo (così come descriva la "TR66 - External In-situ Concrete Paving").

  2. Utilizzare un calcestruzzo più compatto, minor rapporto a/c, maggior quantitativo di cemento e utilizzare un prodotto impermeabilizzante/vetrificante superficiale che aumenta l'impermeabilità superficiale del pavimento e aumentare le pendenze della lastra, porterebbe ad aumentare le prestazioni di durabilità del pavimento esterno ai cicli gelo-disgelo. Però non è detto che funzioni, perché la riuscita del pavimento è condizionata dalle prestazioni dei materiali e della loro applicazione.


Io personalmente mi trovo a metà di tali pensieri, cioè, utilizzare un calcestruzzo aerante, "lisciare" il meno possibile la superficie della pavimentazione senza spolverare premiscelati quarzo/cemento, realizzare pendenze non inferiori all'1,5% così da permettere lo scorrimento dell'acqua (tale pendenza è necessaria perché la superficie della pavimentazione poco lisciata risulta molto più ruvida e con creste che possono rallentare o fermare il ruscellamento dell'acqua ed inoltre perché comunque la pavimentazione potrebbe presentare delle concavità in cui può ristagnare acqua, ricordiamo che questa è ancora una lavorazione di tipo manuale/artigianale è pertanto soggetta ad imperfezioni, seppur piccole rispetto all'estensione dell'opera stessa), per finire utilizzare prodotti consolidanti/vetrificanti protettivi a base di silicati, così da aumentare la resistenza all'abrasione superficiale e rendere più impermeabile la superficie.

Sicuramente imporrei, nel manuale uso e manutenzione della pavimentazione esterna, il divieto assoluto di sali disgelanti a base di cloruri, che sono il vero problema per la durabilità della pavimentazione esterna.

 

Il problema del Pop Out

Uno dei problemi più importanti dei pavimenti industriali, da un punto di vista economico, è quello delle reazioni di pop out.

Purtroppo si continua a sentire di pavimenti che hanno cominciato a «scoppiettare» e che presentano decine di microcrateri sulla superficie, nelle zone più a rischio avete identificato delle procedure per prevenire il problema?

Giovanni Saba

L'unica procedura per prevenire tale problema è quella descritta nell'intervista dell'esperto dei calcestruzzi MARINO ROBERTO.....e molta fortuna....oppure tanto controllo prima e durante le fasi di lavorazione....mai fidarsi....oltre che tutte le accortezze progettuali come l'utilizzo della barriera al vapore (foglio di polietilene tra pavimento e massicciata).

Se dovesse succedere che si presenta il fenomeno del "pop-out" bisogna solo aspettare che si esaurisca in superficie (non "scoppi" più nulla) ed eventualmente, fatte le verifiche del caso che il progettista, capire se è possibile ripristinare la continuità superficiale con un massetto a spessore in resina. Mai pensare di scarificare o fresare la superficie del pavimento perché il "pop-out" è un fenomeno massivo, scoperto nuovo inerti reattivo ricomincia il fenomeno.

 

La delaminazione dei pavimenti in calcestruzzo

Negli ultimi 10 anni, proprio in corrispondenza della diffusione dei prodotti a maggiore efficienza, è scoppiato il caso dei problemi di delaminazione delle superfici del pavimento industriale.

In che modo avete operato per superare il problema e quali consigli all’applicatore potete dare?

Giovanni Saba

Ci sono due tipi di delaminazione, superficiale e profonda.

La delaminazione superficiale (che interessa una profondità da 1 a 2mm che è lo spessore dello spolvero premiscelato quarzo/cemento) sicuramente potrebbe essere scongiurata con gli opportuni accorgimenti da parte dell'applicatore:

  1. eliminare il più possibile l'asciugatura rapida della superfice del calcestruzzo in fase di spolvero dell'indurente premiscelato quarzo/cemento chiudendo, nel caso dei pavimenti interni, le aperture di porti e portoni così da non permettere l'ingresso di eventuale vento o sole;
  2. verificare i giusti tempi di applicazione dello spolvero quarzo/cemento, cioè il calcestruzzo deve essere in fase di presa e deve risultare superficialmente ancora "fratazzabile", cioè deve essere ancora capace di produrre quella boiacca cementizia necessaria per l'inglobo dello spolvero senza bagnare la superficie con acqua;
  3. in fase di prequalifica controllare il mix del calcestruzzo e la tipologia di additivi che il produttore di calcestruzzo intende utilizzare.

La delaminazione profonda (al di sotto dei 2mm dello spessore dello spolvero), ed in parte anche quella superficiale, può essere scongiurata solo se si controlla il calcestruzzo:

  1. pretendere una omogeneità di tempi di presa uniformi della miscela del calcestruzzo fornito, così da avere tempi di quindi di tempi di fratazzatura continui ed uniformi su tutta la superficie della pavimentazione;
  2. inglobamento aria anomalo diverso da quello prescritto dalle normative o progettualmente;
  3. bleeding ritardato causato da un alto contenuto di materiali fini e sporchi.

 

Pavimenti industriali in calcestruzzo post tesi

Da diversi anni per le pavimentazioni più impegnative si preferisce utilizzare la soluzione delle pavimentazioni post tese. 

Avete esperienze in tal senso? Cosa ne pensate?

Giovanni Saba

La pavimentazione in post-tensione è un tipo di tecnologia che io conosco ed uso da più di un decennio, sviluppando anche la post-tensione aderente, che al contrario della post-tensione non aderente, permette l'eventuale taglio e demolizione parziale della pavimentazione senza utilizzare particolari accorgimenti per mantenere in tensione i cavi interessati dall'eventuale taglio.

La progettazione è sempre regolata dalle norme tecniche di costruzione vigenti e cogenti applicate alla verifica prestazionale delle pavimentazioni, però con l'utilizzo della sola armatura realizzata con trefoli d'acciaio.

Tale tecnologia permette di realizzare, se ben progettate e realizzate con gli opportuni accorgimenti costruttivi, pavimentazioni senza tagli di contrazione, con giunti di costruzione, dei getti giornalieri, completamente chiusi e fenomeno fessurativo da ritiro plastico/igrometrico completamente assenti.

É un pavimento che ha bisogno di una accurata preparazione di cantiere da parte di personale tecnico e operai preparati ed attenti ad ogni particolare od interferenza, questo perché ogni errore di posa dei materiali, necessariamente certificati come sistema e non singolarmente, e progettazione è amplificato dalle tecnologia stessa.

La pavimentazione industriale di tipo post-tesa non ha problemi di manutenzione ordinaria su giunti di costruzione e di contrazione ed ha anche una minore, se non nulla, deformazione sui bordi di getto chiamato "curling".