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Cocco: Qualsiasi pavimentazione industriale deve essere considerata una struttura

La qualità di un pavimento industriale dipende non solo da quella del calcestruzzo, dall'applicazione di una serie di regole scritte e non scritte, che richiedono comunque la competenza di chi realizza la pavimentazione. Ecco un'intervista a Silvio Cocco, titolare della TENSO FLOOR, con una lunghissima esperienza nel settore.

 

Quando i pavimenti industriali sono strutture ?

Il parere rilasciato dal CONSUP sul riconoscimento dei pavimenti industriali come strutture ha portato chiarezza nel settore. 

A tuo parere, il principio che se una pavimentazione industriale deve fare da basamento a una scaffalatura di medie, o grandi, dimensioni, debba essere progettata da un professionista qualificato è giusta ?

SILVIO-COCCO-02---TEKNA-CHEM---TENSOFLOOR.jpgSilvio Cocco

Qualsiasi pavimentazione industriale deve essere considerata una struttura, e quindi deve essere progettata secondo la destinazione d’uso a cui è indirizzata.

Questa considerazione è dura da concepire per un settore a prevalenza artigianale, dove il calcolo progettuale deve essere affidato a tecnici esterni, dove il progetto presenterà dei vincoli costruttivi da seguire e quindi sistemi e controlli non abituali e quindi estremamente onerosi per un mercato che corre da sempre al prezzo più basso. È estremamente necessario che questo settore si adegui a questi concetti se si vuole crescere, se si vuole che venga riconosciuto il grande sacrificio che gli operatori di questo settore sono obbligati a sostenere per portare a casa dei risultati accettabili.

Accettabili sì, ma a quale prezzo?

Penso, anzi sono convinto, che il settore del pavimento industriale sia il meno retribuito nel campo edilizio e la presunta redditività sia dovuta solamente agli enormi sacrifici ai limiti della legalità, che affrontano quotidianamente gli operatori di questo settore. In 62 anni di mia operatività nel settore sono troppe le persone che hanno abbandonato anzi tempo questo lavoro perché fisicamente distrutti e troppe sono le dipartite.

Ora l’obbligo della progettazione di tutte le pavimentazioni industriali deve essere vista come una grandissima opportunità da cavalcare per dare a tutto il settore un abito nuovo una professionalità mai avuta prima d’ora: è l’occasione per far riconoscere i sacrifici che comporta l’esecuzione di una pavimentazione industriale, è l’occasione per eliminare dal mercato la presenza di chi, sfruttando questo stato di cose, offre sul mercato libero mano d’opera ed attrezzature per eseguire un pavimento industriale a ben EURO 1,90 a metro quadro, o meno, il tutto con regolare fattura europea.

Se si vuole mantenere ancora questo stato di cose delinquenziale, rifiutiamo pure l’obbligo di progettazione o cerchiamo attraverso le varie associazioni di modificarne il testo o, meglio ancora, di limitarne i contenuti: come rendere obbligatoria la progettazione solo per metrature importanti; come se solo su queste fossero possibile le scaffalature, o il ribaltamento di un muletto o altro su di un pavimento sconnesso.

 

I fornitori di calcestruzzo sono qualificati ?

Le caratteristiche di un pavimento industriale dipendono ovviamente molto anche dalla qualità dei calcestruzzi adottati.

Ritiene che i fornitori di calcestruzzo siano oggi in grado di supportare in modo esaustivo, da un punto di vista tecnico e di prodotti, le esigenze per la realizzazione di un pavimento industriale idoneo ?

Silvio Cocco

Certamente se la domanda fosse rivolta ad una centrale di betonaggio, la risposta sarebbe affermativa. Rivolta a me purtroppo assolutamente negativa.

Come nostra abitudine, la situazione delle centrali di betonaggio oggi è semplicemente catastrofica, degne dell’arte di arrangiarsi tutta nostra. A detta di stazioni appaltanti di primaria importanza e confermato da me (egregio sconosciuto) il 98% delle centrali di betonaggio presenti sul territorio non sono certificabili, anche se tutte sono in possesso delle certificazioni FPC. Quindi…?

Centrali senza MESCOLATORE, macchinario indispensabile per effettuare il Controllo di Produzione in Fabbrica (FPC), senza il quale il controllo della produzione oggi è demandato all’autista dell’autobetoniera durante il percorso di consegna ed è lo stesso autista che ha l’obbligo di consegna e confronto con la DL (sempre o quasi sempre assente) ed è lo stesso autista che controlla e permette le aggiunte in cantiere di acqua, fibre, ceneri volanti o altro, cambiando in sostanza le caratteristiche del prodotto esposto nel DDT e commettendo un falso, reato mai riconosciuto, in caso di contestazione, dai CTU incapaci di capire quasi sempre cosa comportano queste aggiunte.

La crisi che stiamo attraversando ha obbligato perfino l’autista a caricare la ricetta richiesta… con quali competenze?

 

Quali sono i problemi più frequenti che riscontrate nelle forniture di calcestruzzo ?

Silvio Cocco

Incostanza delle forniture, che vanno addebitate a: mancanza di mescolatore, e quindi controllo di produzione in fabbrica ovvero all’impianto; mancanza o malfunzionamento delle strumentazioni di controllo del rapporto acqua/cemento e di conseguenza totale mancanza delle necessarie compensazioni acqua/sabbia.

Mancanza assoluta di comunicazioni relative al cambiamento dei fornitori delle materie prime come cemento ed aggregati e perché no di additivi.

Tutti conoscono i guai che questi fatti causano, pochi conoscono le ragioni, soprattutto i CTU.

Mancanza di personale specializzato presente in cantiere al momento della consegna del calcestruzzo capace ed in grado di far capire all’impresa o al pavimentista che , la qualità del calcestruzzo fornito sarà quella del cubetto prelevato e solo quella; ogni aggiunta sia che si tratti di acqua, di fibre, di ceneri o altro andrà a cambiare le caratteristiche del materiale descritto nel DDT, e ne sarà responsabile solo chi effettuerà dette aggiunte, anche se la legge impone al produttore di proibire che questi fatti avvengano, poiché anche l’aggiunta nelle bolle di consegna, considerando la conoscenza delle conseguenze, rende anche il produttore complice.

 

Collaborazione tra fornitore di calcestruzzo e pavimentista

Che tipo di rapporto andrebbe costruito tra produttore di calcestruzzo e impresa di pavimentazione per poter fare un salto di qualità nel settore ? 

Silvio Cocco

I lunghi anni di militanza nel settore delle pavimentazioni industriali ha fatto sì che mi adoperassi per risolvere tutte queste problematiche all’interno della mia struttura di lavoro visto L’INUTILITÀ di potere ottenere quello che mi necessitava dai miei fornitori.

Il guaio principale, causa come detto di tutti i guai successivi, è la mancanza di un progetto, anzi “IL PROGETTO”, che non si limiti al solo calcolo strutturale ma che definisca ogni fase dell’esecuzione del lavoro, in ogni suo minimo particolare.

Secondo guaio, non meno importante del primo, è la mancanza di “CONTROLLI” sia in centrale di betonaggio come in cantiere: controllo alla produzione, al ricevimento, al getto. I controlli non li ho limitati ai prodotti forniti ma anche alle materie prime utilizzate, suscitando non poche volte la contrarietà dei vari fornitori, contrarietà fortunatamente solo iniziale che si è trasformata in corso d’opera in stima e considerazione per la serietà riscontrata e spesso riconoscenza perché alcune cose erano sconosciute persino al fornitore.

Oggi molti fornitori di calcestruzzo che ci hanno conosciuto hanno adottato, anche se adeguandolo al loro lavoro, il nostro sistema. Siamo orgogliosi di questo, e grati a loro perché pur non abbassando la guardia, hanno facilitato il nostro lavoro. In tutti i lavori vi è necessità di collaborazione ma nel nostro anche di più.

 

La durabilità dei piazzali esterni sottoposti a gelo disgelo, e sali disgelanti

Per le pavimentazioni in calcestruzzo realizzate in zone che poi risentono dei problemi di cicli gelo/disgelo viene previsto l’uso di prodotti aeranti. 

Non sempre però si tiene conto del fatto che durante l’inverno su queste pavimentazioni viene spesso sparso del sale disgelante a base di cloruri (sodio, calcio,…) e questo porta a fenomeni di rapido degrado della piastra. 

Cosa si dovrebbe fare per evitare questo problema ?

Silvio Cocco

Le normative che ci governano purtroppo molte volte ci complicano la vita, anche se questo è un eufemismo; la normativa prevede l’uso di un aerante per combattere i guai dei cicli gelo e disgelo con almeno l’introduzione del 4% di aria, più avanti la stessa mi vieta di utilizzare calcestruzzi con aria superiore all’1%.

Le linee guida definiscono il BLEEDING un fenomeno e non un errore di progettazione del calcestruzzo e consigliano di munirsi di adeguati stracci in caso si verificasse il “fenomeno”. In caso di pavimentazioni industriali dove il “fenomeno” si manifesta in maniera più importante si consiglia oltre agli stracci di apporre sotto la pavimentazione uno strato di sabbia dai 5 ai 10 cm che funga da drenante.

Con linee guida ministeriali di tale fatta e senza nessuno che le contrasti ma tutti in rispettoso silenzio le accettano, viene per forza di cose da chiedersi “MA DI COSA STIAMO PARLANDO ??”.

La mia reazione è ormai una mia abitudine: “comanda e fai da te sei servito come un Re”.

Mi sono progettato e prodotto l’AETERNUM. Non è l’ultimo grido di caffettiera come si può pensare ma un compound favoloso che ormai utilizzo da ben 16 anni, e che viene utilizzato ormai d’abitudine da quelle ditte di pavimentisti che fanno parte della rete “POSTENSION TEAM” anche nei lavori non eseguiti in rete.

Che cosa ottengo con l’utilizzo dell’Aeternum? Presto detto:

a) Permeabilità uguale a 0 (zero)

b) Incremento delle resistenze almeno dell’80%

c) Ottenimento di un calcestruzzo in classe S5 con rapporto A/C 0.45 massimo

d) Reazione pozzolanica, quindi resistenza all’aggressione dei solfati e cloruri superiore a quella ottenuta con un cemento CRS. Di conseguenza scongiuro possibilità di reazione alcali silice.

e) Compensazione massima dei fenomeni di ritiro per presenza di ben due compensatori in formula.

f) Riduzione dei tempi di getto e finitura del pavimento.

Tutti questi vantaggi senza nessun problema? Sì, anzi un piccolo problema c’è: per la prima fornitura da una centrale che non ci conosce esigono che l’ordine venga fatto per un calcestruzzo a composizione, quindi con tutte le responsabilità a mio carico. Una volta conosciuto il prodotto rientrano nella normalità ma non dobbiamo abbassare la guardia perché non appena si rendono conto dell’incremento di resistenze arriva la tentazione di abbassare il dosaggio del cemento quindi contratti ben fatti e controlli stretti anzi strettissimi.

L’AETERNUM ci ha permesso in 16 anni, superando da tempo i 2.500.000 di mq di pavimentazioni in postensione tutte coperte da polizza di assicurazione decennale a sostituzione totale dell’opera, di non avere mai attivate le polizze, e nel nostro settore non è poco.

 

Il problema del Pop Out

Uno dei problemi più importanti dei pavimenti industriali, da un punto di vista economico, è quello delle reazioni di pop out. 

Purtroppo si continua a sentire di pavimenti che hanno cominciato a «scoppiettare» e che presentano decine di microcrateri sulla superficie.

Nelle zone più a rischio avete identificato delle procedure e soluzioni per prevenire il problema ?

Silvio Cocco

Il fenomeno del pop out come detto sopra è scongiurato dalla presenza dell’AETERNUM.

 

Il problema della delaminazione dei pavimenti

Negli ultimi 10 anni, proprio in corrispondenza della diffusione dei prodotti a maggiore efficienza, è scoppiato il caso dei problemi di delaminazione delle superfici del pavimento industriale. in che modo avete operato per superare il problema e quali consigli all’applicatore potete dare ?

Silvio Cocco

Molte volte siamo abituati a colpevolizzare le novità del mercato senza averne le dovute conoscenze. Il nuovo prima fa paura, poi lo si accusa davanti a qualsiasi cosa non si capisca interamente.

Non ho mai avuto problemi di delaminazione delle superfici del pavimento, forse perché il nostro protocollo di esecuzione è particolarmente attento a tutto quello che potrebbe causare questo inconveniente, come il caricamento del carburante nelle macchine sulla superficie del pavimento da finire; la rottura superficiale del getto e successivo spolvero indurente in ritardo, bagnatura esagerata in fase di finitura sempre in ritardo, reazioni anomale dell’impasto scongiurate con i controlli di qualità.

 

I pavimenti post tesi

Da diversi anni per le pavimentazioni più impegnative si preferisce utilizzare la soluzione  delle pavimentazioni post tese. 

Avete esperienze in tal senso ? Cosa ne pensate ?

Silvio Cocco

Mi vanto di aver introdotto in Italia la pavimentazione in postensione: pavimento, che quando sarà capito ,dai progettisti sarà l’unica e vera soluzione definitiva agli eterni problemi delle pavimentazioni industriali;stranamente, stanno arrivando prima i committenti, che ne apprezzano i vantaggi, meno i progettisti in quanto questo genere di lavoro è semisconosciuto e molto spesso confuso con la postensione nel settore della prefabbricazione che è completamente altra cosa e fa paura.

Si deve dire che anche quelli che hanno copiato il Posteso FLOORTEK-TENSO FLOOR hanno affrontato il mercato senza aver potuto copiare l’Aeternum. ERGO!

Comunque la mia struttura, compreso l’Accademia del Calcestruzzo, è A COMPLETA DISPOSIZIONE PER TUTTE LE INFORMAZIONI e formazione possano interessare il nostro mercato, le abbiamo messe a disposizione già sedici anni fa.

Fa parte della vocazione dell’Istituto Italiano del Calcestruzzo diffondere cultura e sistemi riguardanti il calcestruzzo.