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Superbonus: il d.l. Semplificazioni Bis è davvero un concreto passo avanti ?

Il mercato (privato) dell’edilizia ha bisogno di regole chiare, semplici, applicabili e stabili

Eppure, non è difficile: il mercato (privato) dell’edilizia ha bisogno di regole chiare, semplici, applicabili e stabili.

In questo modo tutti gli attori possono programmare le attività, definire la produzione e organizzare la fase esecutiva anche investendo su uomini e mezzi. Ovviamente, questo è possibile quando si ha una visione di insieme e non quando si “tira a campare”, benchè, come disse qualcuno, “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”.

Il mercato (privato) dell’edilizia ha bisogno di regole chiare, semplici, applicabili e stabili

Fatto il dovuto preambolo critico alla continua superfetazione legislativa, si deve capire se effettivamente si è colto nel segno di sciogliere “lacci e lacciuoli” che tenevano imbrigliato il 110%.  L’art. 33 del DL 77/2021 parrebbe andare in questa direzione. 

Infatti, in passato, si è sempre segnalato come uno dei problemi principali per la partenza dei cantieri l’impossibilità di asseverare la conformità edilizia e urbanistica degli edifici oggetto di intervento, anche a causa dei ritardi degli uffici comunali nel rilasciare la documentazione agli atti necessaria

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DL 77/2021 si è concretizzata l’ennesima modifica all’art. 119 del DL 34/2020 che in 1 anno è stato modificato in forma sostanziale almeno 4 volte: con la conversione in legge, con il DL 104/2020, con la legge 178/2020 e con il DL 59/2021.  Il DL 77/2021 è la quinta modifica “di peso” che viene fatta.  Chiaramente è la corretta condizione per stimolare gli interventi edilizi e gli investimenti: ma non in Italia, bensì in altri Paesi Europei!

Una prima versione del comma 13-ter dell’art 119 proponeva quindi di verificare esclusivamente “le parti comuni degli edifici interessati dagli interventi” che potevano accedere al 110%. 

Rapidamente, ci si è resi conto che tale comma era più utile per far emergere gli abusi (e portarli a sanatoria), piuttosto che a velocizzare l’iter procedurale.

E di certo, non si eliminava il problema dell’accesso agli atti.

La nuova versione dell’art. 13-ter è molto più ficcante (in apparenza).

Prevede in sintesi 4 punti:

  1. gli interventi previsti da art. 119 tranne quelli che comportano la demolizione e la ricostruzione costituiscono manutenzione straordinaria e sono realizzabili mediante comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
  2. nella CILA sono attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell'immobile oggetto d'intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione ovvero è attestato che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967;
  3. la presentazione della CILA non richiede l'attestazione dello stato legittimo di cui all' articolo 9-bis, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
  4. la decadenza prevista da art. 49 del DPR 380/2001 opera esclusivamente nei seguenti casi:
  • a. mancata presentazione della CILA;
  • b. interventi realizzati in difformità dalla CILA;
  • c. assenza dell'attestazione dei dati di cui sopra;
  • d. non corrispondenza al vero delle attestazioni previste da art. 119 comma 14. Resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell'immobile oggetto di intervento.

Tutto risolto e tutto semplificato, come in molti si sono affrettati a proclamare: ora il 110% può partire!

Ma è davvero così?

In realtà il 110% ha subito forti rallentamenti per interventi di grandi dimensioni per i quali la complessità del sistema edificio-impianto e il passaggio attraverso le varie assemblee condominiali ha creato non pochi problemi.

Per ville e villette (Edifici unifamiliari) il 110% è partito abbastanza spedito, ben oltre gli obiettivi sperati dal legislatore che aveva proposto il super incentivo per riqualificare un parco immobiliare esistente costituito essenzialmente da condomini. 

 

La CILA è lo strumento di semplificazione atteso ?

In tale ottica, l’utilizzo della CILA, che è uno strumento pensato per interventi semplici e poco complessi non pare essere molto felice, anche perché rende difficili se non impossibili eventuali varianti anche non sostanziali in corso d’opera.  E le varianti, quando si opera su edifici esistenti, devono comunque essere valutate come possibili, in quanto il livello di conoscenza del fabbricato è tale per cui non sempre si riescono ad avere prima dell’inizio del cantiere tutte le informazioni di dettaglio per procedere con la fase esecutiva. 

Certamente una CILA può essere annullata e poi ripresentata, ma cosa succederebbe in tal caso agli interventi trainati già realizzati? E ai finanziamenti bancari erogati sulla base della CILA presentata, e poi annullata e sostituita?  Una lettura troppo “operativa” porterebbe a sottostimare il problema: fisco e finanza sono molto più attenti alla forma rispetto all’ingegneria, e sono preminenti nella fase di partenza del cantiere.  Peraltro, non si possono ignorare eventuali modifiche che si rendano necessarie in corso d’opera: se realizzo qualcosa in difformità dalla CILA, perdo la detrazione (ed è lo stesso legislatore a dirmelo).

Nella CILA non assevero la conformità edilizia, ma devo riportare gli estremi del titolo abilitativo per edifici post 1° settembre 1967: questo significa che comunque un passaggio in Comune lo devo fare, e quindi il problema della lentezza delle risposte non è stato risolto (perlomeno, per numerosi casi). 

Peraltro, “resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell'immobile oggetto di intervento”: questa frase, letta da chi vogli evitare qualsiasi dubbio o problema futuro, comporta immediatamente il ricorso preventivo alla verifica di conformità edilizio-urbanistica, per scongiurare potenziali contestazioni future da parte degli enti preposti ai controlli. 

Quindi, nei fatti, il problema non si è risolto ma, anzi, si è aggravato perché ha creato la speranza di una strada più rapida, che in molti si affretteranno a percorrere, non sufficientemente consci dei rischi insiti in una semplificazione non supportata da una visione strategica e tecnica di insieme.  Con l’immediato aumento della pressione su quanti, correttamente e cautelativamente, cercheranno di operare con estrema prudenza, apparendo agli occhi di condomini e committenti come i soliti disfattisti troppo pignoli.

In sostanza: sono state cambiate 5 volte in un anno le “regole del gioco” e mai una volta si è riuscito a definire un quadro chiaro, omogeneo e coerente.

 

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Quando si è voluto semplificare, in realtà si sono generati più rischi che opportunità: invece di rimuovere i vincoli legislativi presenti da anni nel DPR 380/2001 si sono introdotti strumenti “in deroga” alla regola generale, con il risultato di complicare ulteriormente un quadro di per sé particolarmente complesso.

E tutto questo avviene mentre non si ha ancora certezza della proroga al 2023 del 110% e di tutti gli altri bonus edilizi, ora più che mai necessaria per dare la possibilità di sviluppare quegli interventi che sono essenziali per il rilancio del settore e per la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente

Quando vengono realizzate modifiche legislative di questo genere, mi chiedo sempre se chi le ha proposte abbia mai lavorato nel mercato privato dell’edilizia, seguendo direttamente l’intero svolgimento di un cantiere, dal concept alla chiusura dei lavori.

Personalmente, una risposta me la sono data.

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