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Andrea Bolondi, ATECAP: Siamo ancora lontani dalla corretta prescrizione del calcestruzzo

Una bella intervista al Presidente di ATECAP sul tema del Calcestruzzo di Qualità, la prescrizione e l'organizzazione dei processi

Che cosa è il calcestruzzo di qualità? quali sono i parametri che ci consentono di usare questa definizione? con INGENIO C.A. ho avviato una serie di interviste con gli esperti di settore. Dopo un primo ciclo a cui hanno risposto davvero tanti tecnici ascoltiamo ora con questa intervista il parere del Presidente di Atecap, l'ing. Andrea Bolondi, molto utile per comprendere su cosa insistere come filiera per migliorare un mercato ancora troppo legato alla sola variabile "sconto".

Andrea Dari

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La prescrizione del calcestruzzo: tassello ancora debole

Andrea Dari. Presidente, nei mesi scorsi abbiamo svolto una serie di interviste dedicate a un tema spesso sollevato dalla stampa: quello di abbinare la causa di crolli o insicurezza delle opere solo alla scarsa qualità del calcestruzzo. Dalle tante interviste fatte è emerso che l’esperienza evidenzia come spesso il problema sia alla radice, ovvero della prescrizione incompleta e dell’uso poco corretto piuttosto che dalla qualità del materiale fornito. Qual’è la vostra posizione?

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Andrea Bolondi. Chi opera nel settore delle costruzioni sfortunatamente sa che troppo spesso si è costretti ad avere a che fare con capitolati d'appalto in cui le opere in calcestruzzo sono prescritte in modo non corretto. Ovvero senza tenere conto delle condizioni ambientali di utilizzo e del tipo di applicazione, senza indicazioni sulle modalità di getto e di maturazione e senza le necessarie specifiche sui componenti, dal cemento all'acciaio, dagli aggregati agli additivi per calcestruzzo.

Ecco, questa distanza tra la fase di prescrizione delle opere e quelle della costruzione e dell'utilizzo non semplifica affatto il procedimento costruttivo e può costare molto, in termini di manutenzione e sicurezza, all'intera comunità.

Quando si sceglie il calcestruzzo si deve pensare non a quello che costa meno, ma a quello che serve per quel determinato progetto, in quelle condizioni climatiche, in quella esatta situazione.

Siamo ancora lontani dalla corretta prescrizione del prodotto, ma credo che si sia cominciato a capire che non bisogna limitarsi a valutare i costi di quando si costruisce, ma proprio di come si devono mantenere in esercizio e in sicurezza le strutture.

 

Andrea Dari. La corretta prescrizione richiede conoscenza. ATECAP nel passato si è resa protagonista di un’azione molto diffusa su territorio con il Progetto Concrete. Avete misurato l’efficacia di quest’azione? Andrebbe ripresa?

Andrea Bolondi. Progetto Concrete è stata un’esperienza molto importante e a cui sono molto legato, ma l’azione per affrontare tecnicamente i temi riferiti alle fasi della prescrizione, della realizzazione, della manutenzione e dell'innovazione è pressoché continua da parte dell’Associazione.

L’Atecap è da sempre attiva in questo tipo di iniziative, è la sua essenza, non tanto per fare lezioni di cultura tecnica sul calcestruzzo, piuttosto per condividere opportunità di conoscenza delle conseguenze ai comuni errori che si fanno nella fase di prescrizione del prodotto, mettendo in evidenza, quanto più possibile, anche la differenza tra vizio e normale comportamento del materiale. So che mi ripeto, ma vanno sfatati alcuni vecchi luoghi comuni che purtroppo continuano ad essere attuali, quale ad esempio quello di basare la scelta di un tipo di calcestruzzo piuttosto che di un altro solo sul costo al metro cubo. Il settore propone prodotti molto variegati e specializzati per i diversi utilizzi e le diverse esigenze prestazionali, con calcestruzzi praticamente su misura. Purtroppo, a tale configurazione della produzione si contrappone, spesso, una domanda poco specializzata, orientata verso prodotti che non sono realmente in linea con le esigenze.

 

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Calcestruzzo: è una questione di serietà e di preparazione dell’azienda

Andrea Dari. Dalla maggior parte delle risposte delle nostre interviste ai tecnici del settore emerge che più che un problema “di macchine” per la produzione vi sia un problema di controlli, organizzazione e preparazione del personale. Quali sono dunque gli aspetti su cui si dovrebbe incidere per migliorare il processo di produzione del calcestruzzo?

Andrea Bolondi. Credo che la risposta sia già nella domanda.

Da anni i produttori di calcestruzzo cercano di far valere in ogni ambito un approccio di tipo prestazionale, cioè l’abitudine di pensare e lavorare in termini di finalità̀, piuttosto che in termini di mezzi, mettendo al centro tutto ciò̀ che una struttura deve fare, piuttosto che come deve essere costruita. Definiti gli obiettivi prestazionali sta al produttore di calcestruzzo realizzare un calcestruzzo taylor made esclusivo per l’opera.

Quindi, per tornare alla tua domanda, non esiste un problema di macchine, ma di serietà e di preparazione dell’azienda a cui si richiede il prodotto. La qualità di un calcestruzzo preconfezionato dipende dalla compartecipazione di fattori diversi che concorrono alla creazione del prodotto, come diceva Neville la differenza sta nel know-how del procedimento. Purtroppo, il calcestruzzo viene vissuto come un prodotto facile da produrre, economico, efficiente, vittima del suo stesso successo poiché tende ad essere confuso per una commodity, cioè una categoria di beni che viene scambiata sul mercato senza differenze qualitative, beni fungibili indipendentemente da chi li produce.

Il calcestruzzo non è una commodity ma un prodotto su misura la cui qualità dipende dall’organizzazione dell’impresa e dalle persone che contribuiscono a confezionarlo.

 

Andrea Dari. Parere praticamente unanime degli intervistati è l’inefficacia della certificazione FPC, più un costo per il settore che uno strumento di qualificazione. Siete d’accordo? Cosa andrebbe cambiato?

Andrea Bolondi. L’FPC ha svolto il suo ruolo, serviva a dotare i produttori di calcestruzzo con processo industrializzato di un sistema di controllo della produzione allo scopo di assicurare che il prodotto abbia i requisiti previsti e che questi siano costantemente mantenuti fino alla posa in opera. In sostanza, ha permesso al settore di qualificarsi e far crescere la propria coscienza industriale, dimostrando di avere la capacità di rispondere adeguatamente alle richieste fissate dal progettista attraverso un idoneo e consapevole controllo del proprio processo produttivo.

Oggi è un elemento obbligatorio per commercializzare calcestruzzo e non più un fattore distintivo.

Come filiera stiamo puntando su una attestazione che dimostri che è stata messa in campo una organizzazione in grado di fare la differenza in termini di sostenibilità rispetto a chi, nella piena libertà delle scelte imprenditoriali, ha deciso di optare per altri percorsi. Mi riferisco allo schema RSS, che ha l’obiettivo di restituire il livello di sostenibilità del processo realizzativo del calcestruzzo prodotto in uno specifico impianto. La valutazione abbraccia l'intero processo, dall’approvvigionamento dei materiali, al trasporto al riciclo delle materie prime. Il tutto nel segno della massima trasparenza per garantire prodotti performanti nonché filiere sicure, responsabili e sostenibili.


Come funziona la certificazione del calcestruzzo sostenibile CSC (Concrete Sustainability Council)

L’associazione Concrete Sustainability Council ha sviluppato dal 2017 un sistema di certificazione, il cui scopo è quello di valutare la sostenibilità dei processi realizzativi e di gestione dei calcestruzzi prodotti da un’organizzazione in uno specifico impianto.


 

Andrea Dari. Concludiamo tornando al tema della prescrizione. In alcune interviste emerge l’opinione che anche la richiesta prestazionale prevista dalle norme sia da superare, eliminando riferimenti a rapporto acqua/cemento e a dosaggio minimo, per arrivare a un’indicazione più legata alle singole prestazioni: ritiro, impermeabilità, prestazioni meccaniche alle brevi stagionature,… Qual è l’opinione di ATECAP?

Andrea Bolondi. Le Norme Tecniche hanno tracciato la strada intrapresa dell’approccio prestazionale, un percorso che l’Atecap condivide appieno, poiché non entrano nel merito del processo produttivo se non per fissare alcuni requisiti minimi, lasciando la scelta delle più idonee modalità di produzione al produttore e alla sua capacità industriale.

Il compito di verificare che le prestazioni richieste siano rispettate è affidato al Direttore dei Lavori attraverso i controlli di accettazione in cantiere. Un controllo ulteriore sui materiali avviene poi in fase di collaudo, momento in cui vengono acquisiti e verificati nuovamente tutti i documenti relativi alla fornitura e alle prove di accettazione. Ai fini della sicurezza dell’opera è fondamentale avere un materiale che risponda alle caratteristiche prestazionali fissate in fase di progetto. Tutto ciò che migliora l’esplicitazione delle prestazioni richieste non può che essere accolto con favore dall’Associazione.